C’è chi ha dato un morso a “La mela (non) proibita”…

corso la mela non proibita

È passata ormai una settimana dalla fine del corso “La mela(non) proibita” e ancora sento il vago sapore della soddisfazione sulle labbra. E’ stato il primo corso progettato in due, con l’amico fraterno Enrico, ormai compagno insostituibile di avventure. E’ stato il corso probabilmente più rimandato della storia, causa covid, che lo ha fatto slittare, e slittare, e slittare. Soprattutto, è stato un corso in cui ci siamo dati con tutti noi stessi, con la grossa incognita della buona riuscita.

Immaginate le settimane precedenti: contatti con i relatori, contatti con i vivai, progettare gli elementi funzionali, andare a prendere le piante (per fortuna Francesco Matraxia e Giusy ci salvano sempre!!!), creare locandine, studiare le variabili climatiche del luogo. Poi arriva il gran giorno, lanci il corso e…il telefono comincia a suonare all’impazzata. In men che non si dica si forma un gruppo meraviglioso e arriva la prima lezione teorica. Ce l’abbiamo fatta!   

E dopo settimane di dare i numeri, rispondendo ad orde di mail e telefonate, è giusto dare i numeri anche in questo articolo. Perché di numeri in questo corso, ce ne sono stati parecchi:

5 giorni di corso e 8 relatori provenienti da mondi molto diversi. I tre giorni di lezione teorica, svolti su piattaforma digitale, ci hanno permesso di arrivare preparati al finesettimana di pratica. Così tra formiche, api, agroecosistemi, arbusti autoctoni, aromatiche, sostanze inquinanti, ecc… è stato un susseguirsi di argomenti tutti mirati a un unico obiettivo: rigenerare ecosistemi!


Nell’ultima lezione poi, un bel punto di vista sull’analisi dell’elemento in Permacultura e sulla progettazione partecipata, hanno permesso di concatenare tutti gli interventi dei giorni precedenti, creando un bel quadro di insieme in cui tutto era tacitamente collegato, proprio come accade in Natura.

«Da soli possiamo fare poco. Insieme possiamo fare molto».

Helen Keller

2300 mq di terreno che dormicchiavano saporitamente da un po’ troppi anni ormai. Il fondo, interamente recintato, ospitava già una bella siepe frangivento di ulivi leccini e qualche albero da frutto. Il nostro intervento lo ha profondamente trasformato, rompendo la linearità di quel posto con una bella siepe che si snoda sinuosa in mezzo al campo e che dividerà il tutto in due: una parte dedicata alla fauna selvatica, con tane, angoli per gli animali e un laghetto che nascerà in futuro, ed una parte dove crescerà una bella food forest. Ora sarà tutto un proliferare di radici e micorizze che andranno ad instaurare antichissimi sodalizi, giusto un paio di palmi sotto i nostri piedi.

22 infaticabili corsisti, arrivati a conoscenza del corso tramite piattaforme social o passaparola. Perfettamente ripartiti a metà tra uomini e donne. Il corsista più lontano ha percorso ben 296 km, arrivando dal messinese. Il corsista più vicino…abitava a pochi numeri civici di distanza. Tutti con una fortissima motivazione alle spalle. Alcuni avevano vissuto un intenso periodo fuori dalla Sicilia e stavano progettando di ritornare per impegnarsi a migliorare la situazione dell’isola, altri stavano dando una bella raddrizzata alla propria vita (è cosa comune, ultimanente!), altri ancora lavoravano da tanto sul sociale, sull’agricoltura organica e sulle comunità. Tutti, comunque, alla ricerca di un nuovo paradigma rigenerativo!


E poi bambini, parenti, vicini di casa, cavallette, uccelli rari. Stranamente nessun cane! Almeno uno di solito c’è sempre…

Circa 150 piante di 18 specie diverse, interrate in soli due giorni, a coprire tutti e 7 gli strati vegetazionali e ripartite in modo da formare habitat completamente nuovi, spezzare ambienti e creare microclimi diversi, fornire corridoi ecologici alla fauna, dare movimento all’ambiente, generare effetto margine e abbondanza.
In particolare, molte piante sono andate a rimpolpare un frutteto già esistente per convertirlo in food forest (nespolo del Giappone, noce pecan, pesco, carrubo, alloro, leccio, roverella, vite, agapanto, pisello domestico). Altre sono state utilizzate per un angolo delle aromatiche (menta, rosmarino, lavanda, alloro, nasturzio), altre ancora hanno arricchito una piccola zona umida (ceratofillo, iris germanica).

3 legnaie a perdere, create in modo da essere quanto più eterogenee possibili per offrire un’opportunità di riparo e svernamento a differenti animali selvatici. Così per i rettili ne è stata ideata una bassa e disposta in un posto molto assolato, vicino al margine che ospiterà la siepe (i serpenti amano gli ecotoni!), per i micromammiferi come la donnola o il riccio la legnaia aveva un ambiente interno più grande e tronchi massicci, infine frasche e ramaglie nel luogo più fitto e umido del terreno, così da attirare anfibi nella parte bassa e piccoli passeriformi nella parte alta, come lo scricciolo o i codibugnoli. In questo caso una buona conoscenza delle caratteristiche biologiche ed ecologiche degli animali, soprattutto degli uccelli, ci ha aiutato parecchio.

2 cassette nido create durante il corso, da materiale riciclato, ognuna con un foro di accesso divierso, tale da consentire la nidificazione sia alla cinciallegra che alla cinciarella, le specie che più facilmente usufruiscono delle cassette nido.

In più 1 piccola pozza d’acqua, prezioso elemento diversificatore che va a influire positivamente sul microclima del luogo e diventa un ecosistema fondamentale per un sacco di specie che altrimenti non insisterebbero su quel luogo. Piccolo valore aggiunto: la pozza è in realtà una vasca da bagno interrata, una di quelle lasciate come pattume a bordo strada nelle campagne siciliane!

Piccole azioni, ma che insieme hanno saputo trasformare un luogo. Una ventina di sconosciuti che hanno saputo riallacciare rapporti umani, in un periodo in cui troppe forze tendono a distaccarci ed isolarci sempre più. Che hanno dedicato del tempo “all’altro”, al sogno di una persona qualsiasi che, custode di un fazzoletto di terra, ha deciso di rinaturalizzarlo ed offrilo alla comunità. Per creare abbondanza e bellezza. E’ proprio come gli ecosistemi, che tendono a intessere quante più relazioni possibili tra gli elementi che li compongono, anche questo sparuto gruppo di persone è uscito da un cancello, l’ultimo giorno, non più come un singolo, ma sorridendo all’interno di un gruppo che non era più, solo, la somma dei singoli elementi.

Un abbraccio.

Il vostro caro Totò.

Una risposta a “C’è chi ha dato un morso a “La mela (non) proibita”…”

  1. Peppe Di Girolamo dice: Rispondi

    Di solito tutto in prospettiva, nei nostri ricordi, ci sembra sempre più bello, che assuma più valore di quello che è stato in realtà, ma in questo caso la mia sensazione è che abbiamo vissuto una esperienza che già mentre si svolgeva ci ha regalato dei momenti magici, e il ricordo non può far altro che consolidare ancor di più la bellezza di quelle giornate.

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