L’ecologia al giorno d’oggi: dobbiamo davvero abbandonare i binocoli?

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Ammetto che questo è uno degli articoli più difficili che io abbia mai scritto, a livello emozionale. Vuole essere, infatti, un esplicito elogio a Michele Panuccio, ornitologo scomparso prematuramente nel 2019 e di cui oggi ricorre l’annuale. E’ stato, per me, figura importantissima nella crescita ecologica e scientifica. Ci siamo conosciuti sull’isola di Ustica che io ero appena diciottenne. Sprovveduto come tutti i ragazzi di quell’età, arrivai in piena notte, bagnato fradicio per un violento acquazzone e senza sacco a pelo. Bussai alla sua porta chiedendogli una coperta e chiacchierando scoprii che quel ragazzo abbronzatissimo passava tutte le primavere sugli isolotti e gli stretti del Mediterraneo a studiare i rapaci migratori. Allora esisteva davvero gente del genere. Potevo anch’io diventare così!

Michele Panuccio – ornitologo e co-fondatore di MEDRAPTORS

Tutto ciò che leggerete in questo articolo è liberamente ispirato ad una delle sue ultime fatiche: una nota pubblicata su Avocetta, rivista scientifica e ornitologica italiana. Una valutazione impeccabile sulle ultime tendenze dell’editoria scientifica, in particolare quella ecologica.
I ricercatori scientifici utilizzano un mezzo di comunicazione molto rigoroso e piuttosto standardizzato, per diffondere i loro risultati: le pubblicazioni scientifiche. Questi testi, oggettivi e attendibili, permettono al ricercatore di comunicare al resto del mondo accademico i risultati o lo stato di avanzamento delle proprie ricerche. A rendere questo mezzo relativamente attendibile è la peer-review (o revisione paritaria).

Questa permette al ricercatore di far sì che gente competente nel proprio settore di ricerca analizzi il manoscritto, ne corregga eventuali errori o refusi e dia, quando necessario, qualche consiglio utile. L’editore così permette al ricercatore di poter pubblicare i suoi risultati, ma assicura anche un lavoro scientificamente di qualità alla sua rivista. Proprio la qualità dei lavori scientifici influenza il livello di una rivista, che viene valutato mediante uno o più indici numerici.

C’è stato un tempo in cui ogni ricercatore andava all’ufficio postale per spedire il suo manoscritto al diario e la risposta con i commenti dei revisori veniva consegnata in modo simile dal postino. Quel tempo è stato fino a venti anni fa, un lasso di tempo che sembra un’era geologica nel mondo in cui viviamo.

Michele Panuccio – L’editoria ecologica al giorno d’oggi: l’abbandono del binocolo e la nascita dell’intelligenza artificiale
Gruppo di monitoraggio dell’associazione Falcon conservation quasi al completo, durante la stagione cove 2017


Comincia così la nota di Michele, riportandoci indietro ad un’era pre-internet, che sembra davvero lontana anni luce. Ad oggi i ricercatori hanno infatti la possibilità di lavorare con tempi di pubblicazione davvero rapidi e ricerche bibliografiche estremamente più veloci. Tuttavia in questi ultimi anni si sta evidenziando come gli studi sul campo, quelli che prevedono un enorme monte ore speso all’aria aperta, con binocolo/taccuino/retino/zaino in spalla, sono spesso considerati ricerche di basso livello e retrocesse in riviste con lavori di basso impatto scientifico.

Un recente lavoro ha evidenziato come dagli anni ’80 ad oggi le pubblicazioni basate sul lavoro di campo siano diminuite del 20%, rispetto ad uno schiacciante aumento del 600% e dell’800% negli studi di modellizzazione e analisi dei dati. Inoltre, solo il 55% dei lavori pubblicati nelle principali riviste si basa sul lavoro sul campo, il che è in contrasto con il 93% delle riviste di livello inferiore. Sorte ancora peggiore per gli studi ecologici e ambientali a lungo termine, cioè quelli che prevedono raccolta dati sul campo con cadenza annuale, sempre nello stesso posto e con le stesse specie. Le cosiddette “lunghe sequenze temporali”. Nonostante siano FONDAMENTALI per le decisioni politiche riguardanti l’ambiente, il loro numero continua a diminuire e i fondi destinati a questi enormi sforzi di campionamento sono drasticamente diminuiti nell’ultimo decennio.

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Ustica (PA), trapasso di nozioni durante la sessione di inanellamento scientifico, attività che dura da più di due decenni.


Come se non bastasse, stiamo vivendo una carenza drammatica di dati biologici di base (in alcuni casi anche per specie comuni) sulla dimensione, la distribuzione, il comportamento e la biologia riproduttiva delle popolazioni. Ecologi ed ornitologi in particolare, si trovano ad affrontare la situazione paradossale in cui vi è una drammatica urgenza per i dati sul campo, ma la raccolta di questi dati è progressivamente considerata un necessità secondaria, soprattutto dalla comunità scientifica.

Sorge spontanea una domanda: perché vi è la necessità di fare studi sul campo? Innanzitutto, la raccolta di dati sul campo è, nella maggior parte dei casi, un prerequisito essenziale per comprendere le dinamiche e gli eventi naturali. Non è solo una questione di Biofilia,l’attrazione intrinseca dell’essere umano per la natura. La ricerca biologica è un’interazione tra l’inventario della diversità della vita e l’indagine delle forze che la modellano. Non possiamo quindi evitare di mettere gli “stivali a terra” per vedere cosa succede.

inanellamento scientifico
Quaglia (e moglie), inanellata presso Ustica (PA) durante la sessione di inanellamento scientifico, attività che dura da più di due decenni.

In generale, questa situazione riflette la disconnessione della società con la fauna selvatica ed è spinta dalla richiesta di sintesi e modelli globali.

Ancora una volta, siamo chiamati a riflettere sul nostro rapporto con la Terra, anche per chi fa parte di una élite illuminata come la comunità scientifica.

Non è ora di riprendere un po’ di più il binocolo in mano?

Con affetto
Il vostro caro Totò

L’articolo originale lo trovate qui

8 risposte a “L’ecologia al giorno d’oggi: dobbiamo davvero abbandonare i binocoli?”

  1. Ma è così bello il binocolo!!! Non ne avevo idea di questo cambiamento, non sapevo l’attività sul campo fosse ormai così diminuita. Fare ricerche ricerche scientifiche senza attività sul campo, a mio avviso, nel “nostro” (mi ci metto anche io) è come mangiare il pane e olio senza olio!

    1. Bella questa dell’olio, me la rigiocherò.
      Rob, è sempre più evidente una spaccatura tra l’assistente di campo ed il ricercatore “modellista”. Ti consiglio di leggere l’articolo in originale perché apre gli occhi su tante cose. Mi rammarico solo che non proponga nessuna soluzione…

  2. Giuseppe Panuccio dice: Rispondi

    Caro Salvatore, io e mia moglie – i genitori di Michele, il nostro unico figlio- siamo commossi del tuo ricordo di Michele. Siamo d’accordo nel considerare i suoi due editoriali di Avocetta il suo testamento scientifico, in particolare quello di cui tu riporti ampi stralci. Abbiamo pubblicato il libro “La passione di un naturalista” e lo presentiamo sabato a Roma a tanti colleghi ed amici. Vorremmo che l’avessi appena possibile. Giuseppe Panuccio e Patrizia Bonelli – 347.9756290

    1. Salve! Sicuramente non se lo ricorda, ma la sera in cui conobbi Michele, a Ustica, c’era anche lei! Michele era febbricitante e lei se ne prendeva cura.
      Avevo saputo del libro, una bellissima azione. Sarò lieto di sfogliarlo, quando sarà possibile. Un grande abbraccio.

    2. Amelia Giordano dice: Rispondi

      Ho un ricordo splendido di Michele incontrato in vari anni ad Ustica nel suo osservatorio privilegiato della Falconiera a guardare lontano l’arrivo dei migratori, un abbraccio a voi splendidi genitori.
      Amelia Giordano

  3. Giuseppe Bogliani dice: Rispondi

    Grazie Salvatore, le tue parole sono uno dei modi più belli per ricordare Michele.
    Michele raccoglieva quantità enormi di dati. Ma era anche capace di ricavarne tutta l’informazione possibile. Era davvero un biologo completo: bravissimo su campo ma capace di analizzare al meglio i suoi dati e quelli raccolti dai colleghi. Le sue review, realizzate grazie alla rianalisi dei dati di decine di ricercatori, sono dei punti fermi fondamentali sull’ecologia della migrazione attraverso il Mediterraneo.
    Inoltre, Michele è stato uno dei protagonisti della valorizzazione della rivista AVOCETTA, pubblicata dal CISO, per la quale si è speso davvero molto. Lui e altri bravi ornitologi che ora ne sentono la mancanza.
    Io ero stato formalmente il supervisore del suo dottorato di ricerca presso l’Università di Pavia, dove ha lasciato molto di più di quanto abbia preso. Non lo dico per dovere di commemorazione. E’ stato così.
    Inoltre, quando veniva in laboratorio (non di frequente poiché lavorava soprattutto sul campo in giro per il Mediterraneo, in Estremo Oriente o in Medio Oriente), la sua presenza si sentiva, eccome. Il tasso di empatia, benevolenza, bontà, si innalzava improvvisamente.
    Giuseppe Bogliani, Presidente del CISO – Centro italiano studi ornitologici

    1. Salve Prof. Bogliani.
      Spero di non cadere nei sentimentalismi, ma…. le doti empatiche di Michele hanno dato la possibilità a decine (per non dire centinaia) di giovani di toccare con mano il mestiere del naturalista. Soprattutto di assistere alla magia della migrazione, senza affrontarla solo da un mero punto di vista scientifico.

  4. Pensavo di conoscere bene mio figlio Michele, invece da quello che raccontate, soprattutto lei prof. Bogliani, mi rendo conto che al di là delle sue ricerche scientifiche non sapevo quanto fosse stimolate la presenza e la passione naturalistica di Michele. E’ confortante per noi genitori sapere che tanti amici e colleghi ricordano Michele e ne continuano il lavoro e la ricerca.

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