Ho rivisto “American beauty” pochi giorni fa ed è stata davvero una coincidenza astrale. Si erano intersecati infatti la precoce messa a letto di mio figlio, il casuale disinteresse per il palinsesto serale da parte di mia moglie e uno dei rari momenti in cui non mi va di leggere prima di svenire a letto. Adoro questo film. In primis perché è una sfilata di personaggi-modello così vividi che potresti davvero ritrovarteli davanti nella vita reale. Secondo poi, perché è un film che non ha capito quasi nessuno. Si pensa infatti che sia un film sulla ossessiva società americana. Niente di più sbagliato. American beauty è un elogio alla bellezza!
Nel film la ricerca della bellezza è continua e viene raffigurata in rose rosse. Quelle che la protagonista Carolyn sistema in giro per casa. Perfette, scarlatte, recise per adornare banali angoli della sua impeccabile casa. Quelle che cadono, sottoforma di petali, sulla ragazzina di cui si innamora Lester, il protagonista maschile. Insomma, un bisogno continuo di bellezza, che viene però colmato in maniera illusoria, superficiale.
È soltanto con l’avvio di una apertura tra i due ragazzi, Angela e Ricky, che vediamo per la prima volta la bellezza vera. La bellezza di un sacchetto di plastica, che danza nel vento. La bellezza di due persone che si trovano l’una nell’altra.
È stato il giorno in cui ho capito che c’era tutta un’intera vita, dietro a ogni cosa. E un’incredibile forza benevola che voleva sapessi che non c’era motivo di avere paura. Mai.
Ricky Fitts – American Beauty
Siamo ancora in grado di cercare la bellezza? E di capirne il suo valore?
Sarà stato il rosso delle rose, ma mi è tornata in mente una ricerca uscita da poco, nel 2019. Un giovanissimo amico ecologo, Giacomo Assandri, e una masnada di codirossi comuni (da qui il rosso!) sono riusciti nell’impresa del rispondere a queste due domande. In maniera incredibilmente semplice in realtà, eppure geniale, tanto da vincere il Premio “Valerio Giacomini” al Convegno della Società Italiana di Ecologia, dedicato al tema “Capitale Naturale: la gestione per la conservazione”. Giacomo è riuscito ad attestare quanta bellezza e biodiversità vadano di pari passo negli agro-ecosistemi, con l’aiuto di un colorato passeriforme canoro: il codirosso comune!
Ho conosciuto Giacomo al XVIII Congresso Italiano di Ornitologia di Caramanico Terme (PE), ormai 5 anni fa, in una tavolata serale in cui il livello dei decibel della conversazione era così alto che bisognava urlare per farsi sentire dal vicino di tavola. E il mio vicino era proprio lui. Scoprii con interesse che ci accomunavano due cose: le nostre ricerche erano incentrate sui cambiamenti ambientali e su come la biodiversità (e in particolare gli uccelli) reagivano ad essi. E come me, anche lui amava il suo territorio e ne aveva una approfondita conoscenza. Solo che io abito in Sicilia e lui in Piemonte!

Pochi anni fa Giacomo si è chiesto se i paesaggi ricchi di biodiversità (indiscutibilmente bellissimi per un naturalista) vengono riconosciuti belli ed apprezzati anche dalla gente comune. La bellezza di un paesaggio è ritenuta un valore importante per la qualità della vita di chi vi abita, ma come misurarla in maniera scientifica?
A questo ci hanno pensato i codirossi comuni e i vigneti del Trentino:
- A più di 400 persone è stato chiesto di quantificare, tramite un valore numerico, il valore estetico di 24 fotografie che ritraevano vigneti trentini, da sistemi industriali in monocoltura a vigneti inseriti in maniera armonica nelle colture terrazzate, fondendosi armoniosamente col paesaggio.
- Negli stessi luoghi delle fotografie sono stati svolti dei censimenti ornitologici, registrando il numero di specie di uccelli presenti in ogni vigneto. In particolare, si è registrata la presenza del codirosso comune, un passerifome canoro ancora abbastanza diffuso nei vigneti trentini, a patto che vi siano cavità naturali o artificiali per nidificare (va bene anche un muretto a secco) e insetti (quindi niente pesticidi!)
- I risultati hanno evidenziato che i paesaggi con più codirossi comuni erano anche quelli con le comunità di uccelli più abbondanti e ricche, oltre ad essere quelli che avevano ricevuti punteggi più alti come valore estetico. La gente insomma, tendeva a votare di più i paesaggi belli, senza sapere che contenevano i più alti valori di biodiversità!

Questa ricerca ha raggiunto notevoli risultati, su una scala di livelli davvero eterogenea:
- A livello di specie ha appurato che il codirosso comune giova della presenza di elementi diversificatori (alberi, siepi, strisce fiorite, muretti a secco) associate alla diversità ambientale a piccola scala
- A livello di comunità e di ecosistema, la presenza del codirosso comune caratterizza anche le comunità di uccelli più ricche, confermando come la specie sia davvero un ottimo indicatore della biodiversità avifaunistica delle aree studiate
- A livello di paesaggio in senso ecologico, la presenza dei codirossi coincide con un elevato valore estetico, ben determinato dalle persone.
E’ questa la chiave vincente di questo studio. Gestire il paesaggio per mantenere o potenziare un valore estetico significa aumentare il benessere della vita di chi vi abita, conservare quegli elementi tradizionali che qualificano il paesaggio stesso come “culturale” e conservare la biodiversità, giungendo così a una sintesi tra esigenze produttive, conservazione della natura e ottimizzazione dei servizi ecosistemici!

Insomma, la bellezza salverà il mondo!
E indubbiamente anche la biodiversità!!!
Un plauso a Giacomo Assandri
Il vostro caro Totò
Per un ottimo sunto dell’articolo (in italiano)
http://biodoor.muse.it:8080/wordpress/index.php/2018/05/29/bello-e-biodiverso-linsegnamento-dei-paesaggi-culturali-vitati-del-trentino/
Per leggere l’abstract e richiedere l’intero articolo
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0167880918300343

Salvatore Bondì
Naturalista, specializzato in Biodiversità ed Evoluzione.
Ornitologo. Permacultore. Bighellone per necessità.