Cosa si può chiedere di più ad Aprile che prati assolati, ricolmi di fiori.
Ed insetti pronubi sui fiori.
E il loro pigro ronzare che rende l’aria dolce e sonnolenta.
E migratori affamati a caccia dei suddetti insetti.
Nel mio gironzolare primaverile mi sono imbattuto in una bella distesa di gariga frammista a pascolo, sulle colline messinesi. Sassosa e soleggiata quanto basta, con qualche tenace pianta di Verbascum (probabilmente Verbascum thapsus) ad ornare i bordi dei sentieri e del calpestio degli armenti.

Pianta indubbiamente attraente, con le belle foglie verde pallido, quasi argentate, ha attratto la mia attenzione per la geometria quasi perfetta della rosetta basale. Avvicinandomi per scattare una foto ho però notato come l’apparato fogliare, soprattutto i margini e gli apici delle foglie più giovani, fossero bucate e mangiucchiate in maniera abbastanza evidente.

Ad un’analisi più approfondita è subito emerso il colpevole: placidamente addormentato tra le foglie stava un grosso bruco dall’aspetto insolito: Cucullia verbasci! L’aspetto sazio e sonnolento e quella miriade di pois gialli e neri su uno sfondo bianco mi hanno subito rimandato ad un bambino cicciottello ed in pigiama, che se la dormiva beatamente dopo un lauto pasto.

Ma la cosa curiosa è che, gironzolando per il prato, tutti i Verbascum erano parassitati da questo esercito di pois ambulanti, alcuni anche gravemente dato che ospitavano più di un esemplare, a forte discapito delle foglie devastate!

Immaginate per un attimo di essere un passeriforme migratore, di aver appena attraversato il Sahara ed il mar Mediterraneo ed essere approdati in un bel prato arido del Sud Italia. Probabilmente vedreste subito Cucullia verbasci che, col suo pigiama tutt’altro che dismesso, non fa nulla per apparire inosservato, nutrendosi in tutta calma sulle parti più esposte della pianta. Non gli dareste una bella beccata?
In realtà questo bruco ha un asso nella manica: i colori aposematici!
Giallo, bianco e nero indicano infatti ai potenziali predatori la tossiticà del bruco. Questa specie si nutre di tutte le specie di Verbascum, piante con una spiccata abilità nel produrre composti chimici potenzialmente dannosi, quali la cumarina ed il rotenone. Tutti e due sono potenti insetticidi naturali che la pianta sintetizza per tenere alla larga i parassiti. Cucullia verbasci ha però sviluppato una altissima tolleranza a questi composti aromatici. Anzi li sfrutta accumulandoli nella pelle, che diventa quindi sgradevole al gusto di un predatore, nonchè potenzialmente tossica.

Cucullia verbasci ha un ciclo di vita singolare. E’ una falena dai bei colori brunati (famiglia Noctuidae) ed in età adulta è una impollinatrice notturna. La falena vive solo pochi mesi, dato che si accoppia e depone le uova sulla pagina inferiore delle piante di Verbascum. Dopo di che muore. I bruchi (minuscoli e nerastri) schiudono dopo un mese e mangiano. Mangiano! Mangiano!!!
A fine primavera hanno raggiunto la dimensione di ca. 5 cm e abbandonano la pianta nutrice, imbozzolandosi nel terreno, in un cocoon durissimo e ricoperto di terra. Qui compieranno la metamorfosi in 4-5 anni, un tempo considerevolmente lungo per una falena.
Quindi, malgrado abbiano la forma e la consistenza di caramelle gommose, vi sconsiglio di mangiarli!
Sono altamente tossici 🙂
Per maggiori informazioni sul Verbasco, e sulle sue proprietà
Per maggiori informazioni su Cucullia verbasci
Il vostro caro Totò

Salvatore Bondì
Naturalista, specializzato in Biodiversità ed Evoluzione.
Ornitologo. Permacultore. Bighellone per necessità.