15/05/2014
Dal diario di campo:
Svegliarsi con una piacevole sensazione di freschezza è una cosa che mi capita solo in questo periodo dell’anno. Al diavolo le coperte, accumulate su un angolo del letto. La sensazione piacevole dei piedi scalzi sul lenzuolo, delle membra riposate e della luce che entra, dirompente, dalle finestre. C’è un’aria così calda e carica di profumi, il sole illumina tutto a tinte pastello e i richiami dei rondoni friggono per l’aree. Qualcuno ne approfitta per riscaldarsi dalla bruma mattutina
Ahi Maggio, quanto ti avevo atteso!
Con le tue finestre aperte sul mondo e il tuo concerto di canti mattutini. Sotto i coppi i giovani storni fremono per ricevere l’imbeccata, mentre i passeri fanno a gara nel fare chiasso. Non potevo sprecare un solo minuto di questa mattina così bella e carica di primavera.
In compagnia di un sole cocente, tra sughere centenarie e nuvole così vere che sembravano dipinte, mi immergo a capofitto in questa stagione orgiastica. Ci sono fioriture a perdita d’occhio, la natura è esplosa in tutto il suo splendore, sembra quasi di respirarla. I miei pensieri planano leggeri come una coppia di corvi imperiali in corteggiamento, tra gli enormi burroni sul quale nidificano. Dal basso, lungo la piana di Gela, la promessa di una giornata fruttuosa arriva incerta, portata da qualche sbuffo di scirocco.
Mi infilo gli scarponi mentre un’averla capirossa si posa sui rami di un ulivastro rachitico. Predatrice nell’anima, riesce a seminare il panico tra i passeri che si dileguano col baccano che li contraddistingue. Incurante della mia macchina fotografica, questo maschio prorompe nel suo canto sgraziante e grattato.
Nessun uccello dubita mai di essere al centro dell’universo, quando canta (Barbara Kingsolver, Prodigal Summer)
Lungo le stradelle il vento alza la polvere in vortici stretti, quasi antropomorfi. Figure esili che ballano intorno alla macchina, preannunciando l’arrivo dell’estate.
Accovacciati in mezzo al grano passiamo una splendida ora, baciati dal sole, a scrutare le vecchiem asserie abbandonate, diventate dei veri e propri condomini. I coppi, i buchi, le breccie sui muri pullulano di vita. Nascono baruffe, litigi o complete noncuranze tra i vari coinquilini. Le taccole attaccabrighe, coi loro occhi da sgherro, passeggiano con aria di sfida sui cornicioni. Ogni tanto qualcuna arriva al nido con un nuovo trofeo. Cicche di sigaretta, pezzi di vetro, rami, stoffe, nylon. Tutto ciò andrà ad abbellire quei covi di strega che sono i loro nidi. Qualcuna scaccia i visitatori inopportuni, come quei piccoli lord degli storni neri, che corrono impettiti tra le tegole con l’imbeccata per i piccoli, o cantano sui tetti, stretti nei loro eleganti completi di seta lucente. I piccioni, grassi e pigri nella loro opulenza proletaria, girellano noncuranti del resto, occupando il buco che più gli aggrada e seminando il panico tra i passeri. Infine i grillai, con le loro giubbe rosse e i caschetti grigi da aviatore, stazionano sui fili del telefono, con sguardo di sdegno. Tentano di dare un contegno a tutto ciò, salvo poi accoppiarsi sotto gli occhi di tutti, in bilico su una persiana rotta. In mezzo a questo teatrino a tinte forti, tra i rovi che crescono alla base delle strutture, cantano indifferenti gli occhiocotti.
Dalla distesa di grano arrivano i lamentosi versi dell’occhione. Sotto questo cielo infinito, qualcuno deve averlo disturbato mentre era seduto sulle sue uova di sasso.

Salvatore Bondì
Naturalista, specializzato in Biodiversità ed Evoluzione.
Ornitologo. Permacultore. Bighellone per necessità.