Di pioggia, fango e cattiva gestione del territorio (in 5 punti)

Pochi giorni fa tornavo da casa Acquagrande con mio figlio. Dopo giorni intensi di piogge autunnali avevamo deciso di sfidare la sorte e passare una giornata piacevole all’aria aperta, già dalle prime ore del mattino. Al nostro ritorno, usciti dalla valle del San Leonardo, si spalanca davanti a noi il panorama del golfo di Termini Imerese, con uno splendido arcobaleno, il cielo plumbeo e…una terribile nota stonata!
Una nota fatta di pioggia, fango e cattiva gestione del territorio da parte nostra.

Da Capo Zafferano fino a Torre Normanna era ben visibile una enorme, ininterrotta, fascia marrone e torbida lungo tutta la linea di costa. Una netta e visibilissima striscia di fanghiglia, alimentata da almeno tre torrenti in piena che continuavano a sversare acqua melmosa nel mar Tirreno. Giusto il tempo di documentare il tutto con un paio di foto e torniamo a casa. Altra bella sopresa: non c’è acqua!

pioggia fango
Torre Normanna, lungo il litorale di Altavilla Milicia (PA). dicembre 2021. Dopo diversi giorni di pioggia, l’intera linea di costa appare torbida e fangosa.


Per l’ennesima volta la torbidità dell’acqua negli invasi che alimentano i rubinetti di Palermo è così elevata che devono sospendere il servizio di erogazione dell’acqua potabile. Sarà la decima volta nel giro di un mese. Mi cominciano a girare le palle… decido di mettermi al computer e riordinare le idee.

Perché accade tutto ciò?
Perché ogni volta che piove succedono disastri?
Sappiate che è tutta colpa nostra. E ve lo spiego in 4 punti. Anzi no, in 5!

1) ARATURE PROFONDE ED ERRATA LAVORAZIONE DEI TERRENI

Ogni anno, finita la mietitura, le campagne si riempiono di simpatici trattori. Nei mesi estivi si ara praticamente qualsiasi terreno produttivo: seminativi, uliveti, vigneti. Qualsiasi fondo sia destinato all’agricoltura viene rivoltato come un calzino, spesso con arature profonde anche un metro. Qui potremmo aprire parecchi capitoli, in primis sul fatto che uliveti, frutteti e vigneti non hanno bisogno di lavorazioni meccaniche del terreno, o che le arature abbassano la fertilità del suolo, ecc…
Ma il punto focale è questo: le arature rompono i legami colloidali che le particelle di terra creano tra di loro, sfruttando la materia organica. I terreni diventano instabili e le particelle disconnesse tra di loro. Quello che succede appena piove è che tonnellate di terra vengono trascinate via dalla pioggia, creando un danno al coltivatore e provocando disastri a valle.

arature
Corleone (PA), ottobre 2020. L’intero paesaggio agricolo siciliano appare così, prima delle piogge autunnali. Una distesa quasi continua di arature

Basti guardare qua, in un video girato da un permacultore in Sicilia orientale. I TERRENI IN PENDENZA NON SI ARANO!
Questo continuo massacro dei suoli ha inoltre abbassato la fertilità dei suoli italiani in maniera spaventosa. Pensate che l’80% dei suoli italiani ha una percentuale di sostanza organica minore del 2% (dati ISPRA)

2) CATTIVA GESTIONE DEI FIUMI…

Sempre da dati ISPRA, si stima che ogni anno in Italia, mediamente, vengano perse per erosione idrica 8,3 tonnellate di suolo per ettaro/anno. Solo per la Sicilia quindi si perde la spaventosa cifra di 21 milioni di tonnellate annue di terra. Dove si riversa tutta questa fertile terra? NEI FIUMI!
Basta osservare qualsiasi corso d’acqua che attraversa terreni agricoli, soprattutto se seminativi, e l’esempio è lampante. L’acqua diventa melma in pochissimo tempo.
La cosa particolare è che i sistemi fluviali, per loro natura, sono un fortissimo sistema di regolazione dei nostri ecosistemi. Lo fanno tramite le fasce riparie vegetate. La vegetazione che cresce lungo i bordi, composta da salici, pioppi, tamerici, oleandri, canneti, funge proprio da barriera fisica agli eventi naturali di piena, intrappolando sedimenti e lasciando defluire l’acqua lentamente. Azzerare la vegetazione sulle sponde è un po’ come togliere un filtro!

pioggia fango
Fiume San Leonardo (PA), febbraio 2010. Tutti i corsi d’acqua che attraversano aree agricole dove si effettuano arature sono soggette al cosiddetto “silting”, ovvero tonnellate di sedimenti fangosi si riversano nelle loro acque scendendo verso valle.

3) …E SUCCESSIVO IMBRIGLIAMENTO

La triste realtà della gestione del nostro territorio però, allo scopo di evitare le piene (e possibilmente edificare fino a pochi metri dall’acqua) non solo azzera la vegetazione ripariale, ma imbriglia i fiumi nel cemento e li forza in un innaturale percorso rettilineo. Annullando le anse sinuose dei corsi d’acqua il sedimento non si deposita. Risultato? Tutto viene velocemente scaricato a mare. Una zona fluviale sana riesce ad autoregolarsi gestendo i flussi dell’acqua e bloccando tutto il particolato solido che le piogge trascinano a valle. Nella situazione attuale invece, tutto il terreno che smotta grazie alle arature raggiunge in pochissimo tempo la costa.

pioggia fango
Torrente Baiata (TP), novembre 2010. Nonostante i corsi d’acqua a carattere torrentizio siano imbrigliati in canaloni di cemento, questi si rinaturalizzano ben presto con formazioni a canneto che rappresentano un importante ecosistema per gli uccelli acquatici.

4) CATTIVA GESTIONE DELLE SPIAGGE

Tutto questa fanghiglia piena di sostanze nutritive crea consistenti danni agli ecosistemi costieri, dando origine soprattutto a fenomeni eutrofici. Aumento della torbidità. crescita smisurata di alghe, scomparsa degli organismi più esigenti, che hanno bisogno di acque limpide e ben ossigenate. Se andate regolarmente a fare il bagno nella parte ovest del golfo di Termini, dove la nostra famiglia passa tutta l’estate, avrete sicuramente ben presente la sensazione di viscidume che si ha non appena si entra in acqua, dovuto alle rocce coperte da un film di alghe filamentose e limo.

Tutto questo sedimento fangoso in realtà verrebbe facilmente intrappolato dalla materia organica che si deposita in inverno grazie alle mareggiate (soprattutto con le banquette di Posidonia), che oltre a “filtrare” l’acqua prossima alla battigia, evita al moto ondoso di erodere la spiaggia e ributtare tutta questa poltiglia in mare. Purtroppo, la quasi totalità delle amministrazioni comunali rimuove le banquette per permettere una agevole balneazione estiva…

banquette posidonia
Banquette di Posidonia oceanica a Capo Feto, Mazara del Vallo (TP)

5) PRATERIE CHE SCOMPAIONO

L’eccessivo input di nutrienti, in realtà, agisce negativamente proprio sulla Posidonia oceanica stessa, una meravigliosa pianta marina che ossigena l’acqua, funge da nursery per i pesci e fissa il carbonio abbassando l’acidità del mare. L’eccessiva torbidità dell’acqua e la presenza di troppi composti azotati influiscono sulle praterie di Posidonia. Perderle significa perdere un importante tassello nella lotta dei cambiamenti climatici. Le praterie sequestrano alte quantità di anidride carbonica e le trasformano in ossigeno al pari delle foreste terrestri, un processo ecologico vitale che non possiamo permetterci di perdere.

punta troia
Punta Troia – Marettimo (TP). Tutte le parti scure in acqua sono praterie a Posidonia oceanica, habitat seriamente a rischio.

Insomma, la gestione idrica del nostro territorio fa acqua da tutte le parti.
Non possiamo però incolpare solo le amministrazioni o gli enti per la cattiva gestione del territorio. L’agricoltore che ara in maniera sconsiderata, il parente con la casa abusiva a due passi dal fiume, il pastore che appicca gli incendi al canneto, sono tutte mancanze di responsabilità individuale.

E’ però urgente una presa di coscienza collettiva. 21 milioni di tonnellate di suolo perse ogni anno non è roba da poco…

Il vostro caro Totò

2 risposte a “Di pioggia, fango e cattiva gestione del territorio (in 5 punti)”

  1. Silvana Mossotto dice: Rispondi

    Anch’io sto bighellonando in sud Italia e Sicilia per necessità. Climatica: in Piemonte fa troppo freddo per le mie vecchie ossa. L’anno scorso, quando scesi, soprattutto siccità e temperature anomale. Quest’anno tanta pioggia e numerosi dissesti. Osservo da non esperta e mi piacerebbe si trovassero soluzioni. Non potendo fare dì meglio, ho condiviso la riflessione nel mio gruppo:
    https://www.facebook.com/groups/14078517642/permalink/10158490432522643/
    Grazie 😊🙏🏽🌈

  2. Stefano Minervini dice: Rispondi

    Idem accade costantemente in Puglia: spesso si vedono le radici degli ulivi venute fuori per 50-60 cm dal suolo eroso…

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