Quando sono in escursione coi bambini, questa è probabilmente la frase che dico più spesso: “No, non è trifoglio”. E puntualmente il bambino di turno, con in mano lo stelo di Oxalis pes-caprae, rimane un attimo interdetto. Salvo poi arrivare la brillante idea: “Allora è quadrifoglio?!!?” accompagnata da un sincero sorriso e presagi di fortune inaspettate.
“No, non è nemmeno quadrifoglio. Anche perché le foglie sono solo tre!”.
Oxalis pes-caprae, volgermente detta Acetosella gialla, è una oxalidacea. E’ quindi più vicina filogeneticamente a geranei e nasturzi, che non al trifoglio con cui spesso viene confusa. Quest’ultimo è del genere Trifolium e fa parte di un’altra famiglia (Fabaceae). Nonostante sia comunissima in tutta l’area mediterranea, soprattutto in Sicilia e Sardegna dove occupa vastissime aree di territorio agricolo, non è una pianta originaria delle nostre regioni. Proviene infatti dal Sudafrica, dalla regione del Capo di Buona Speranza.

Le notizie storiche che abbiamo narrano la sua introduzione a Malta, agli inizi del 1800 (fonte Flora Spontanea Siciliana) come pianta ornamentale, da parte di una estimatrice botanica di origini anglosassoni, proveniente dalle colonie sudafricane del Capo. Questa prima pianta arrivò a Padre Giacinto, un botanico locale, che la menziona infatti in uno dei suoi indici di collezioni botaniche. Siamo nel 1806. Le piante arrivate al reverendo erano tutte longistili, composte cioè da fiori a gambo lungo. Nelle zone d’origine invece, questa specie presenta anche fiori a gambo corto. Forse il vaso si ruppe, forse l’appassionato riversò del terriccio contenente i bulbilli in giro per l’isola, fatto sta che da quel primo regalo, Oxalis pes-caprae ha invaso praticamente tutte le zone costiere del mediterraneo.
Oxalis pes-caprae è una geofita (possiede un bulbo che è l’unica parte della pianta a restare in vita tutto l’anno) e nelle aree Mediterranee si riproduce solo per via vegetativa. Ogni radice diparte da un bulbo centrale. Da questa nascono numerosi bulbilli che, staccandosi, danno origine ad una nuova pianta. Mancando l’impollinazione incrociata di fatto, tutte le Acetoselle gialle in giro per l’Italia sono cloni di quelle poche piante arrivate a Padre Giacinto più di due secoli fa. I bulbilli rimangono dormienti per tutta l’estate (per le geofite un’estate calda e arida come quella delle regioni mediterranee è fondamentale per indurre la dormienza dei bulbi) e germogliano in autunno; la fioritura ha luogo in inverno e si protrae fino in primavera quando la parte aerea scompare chiudendo il ciclo riproduttivo.

È particolarmente favorita dalle lavorazioni del terreno. Le arature infatti rompono le parti sotterranee della pianta, rimescolando i bulbilli insieme al terreno e aumentandone la dispersione. Inoltre, azzerano la competizione con le altre piante, che soccombono al rimescolamento delle zolle, a favore dell’Acetosella che rimane di fatto l’unica pianta dopo l’aratura, formando associazioni mono-specifiche!
Quando ho preso in carico la gestione del mio terreno, questo veniva immotivatamente arato ogni anno e Oxalis pes-caprae era praticamente l’unica pianta erbacea presente…!!! Come tutte le esotiche invasive, andrebbe contenuta. La gestione di questa specie è però abbastanza semplice, basta infatti:

- Evitare lavorazioni del terreno, se non strettamente necessarie. Le arature infatti ne favoriscono la diffusione a discapito di erbe spontanee native. Oltretutto le lavorazioni meccaniche del terreno non sempre apportano benefici al suolo, anzi è stato più volte attestato che favoriscono l’erosione e diminuiscono la fertilità del suolo, soprattutto in oliveti, frutteti e vigneti.
- Le galline sono una valida soluzione al problema. Oxalis pes-caprae è un laboratorio chimico in versione vegetale. Nonostante sia ricchissima di calcio e vitamina C, è anche piena di ossalati. Se ingerita in grandi quantità aumenta la concentrazione di acido ossalico nel sangue dei mammiferi, con conseguenze pericolose per il corpo, soprattutto per i reni. Le galline invece utilizzano questi composti per favorire la deposizione del calcio nella formazione del guscio dell’uovo. Fanno man bassa delle parti aeree di questa pianta, oltre a nutrirsi anche dei bulbi, razzolando superficialmente il terreno.
- Oxalis pes-caprae soffre la competizione con le specie native. Per questo riesce a invadere solo i terreni arati. Uno studio scientifico attesta che il Loglio rigido, seminato dopo le arature ne limita di molto la diffusione. Lolium rigidum quindi ne rappresenta una potenziale competitrice negli agroecosistemi tratturati, fornendo anche un servizio di cover-grass utile alla protezione e ombreggiatura de sulo. In secondo può essere sfruttata anche come foraggio ovino e becchime per animali da cortile. Insomma, un’ottima specie da Permacultura, dato che rappresenta un elemento che favorisce più di una funzione all’interno di un sistema (progettazione multifunzionale)

Nel mio caso, una volta messe al bando le arature del terreno, ho sparso nel mio bio-giardino i semi di Medicago polymorpha, una graziosa fabacea mediterranea molto comune negli incolti. Ho recuperato i semi dai bordi stradali vicino casa. Ne è bastato un bel sacchetto pieno per ottenere ottimi risultati già dal primo anno. Ad oggi, dopo anni di distanza, questa pianta si è espansa in tutto il terreno, svolgendo anche un ottimo servizio di azotofissazione (come tutte le fabacee) e ha pian-piano soppiantato le acetoselle. Sento tuttavia di spezzare una lancia a favore di quest’ultime. Nonostante sia una invasiva tendenzialmente difficile da gestire, rappresenta comunque una sorta di “sistema tampone” alla pessima abitudine di arare qualsiasi terreno in periodo autunnale.
Il tappeto di Oxalis pes-caprae che si forma, agisce comunque da protezione per il suolo (anche se alla lunga continua a impoverirlo di sostanze nutritive), arginando i danni delle violente precipitazioni invernali sui terreni arati e diminuendo l’erosione o l’eccessiva esposizione ai raggi solari e al vento, che danneggerebbero ulteriormente il suolo. Inoltre, fiorificando in massa in tardo inverno, assicura nettare prezioso agli impollinatori, in un periodo in cui non ci sono molte fioriture. Quindi piangiamo sì, ma con un occhio solo.

Chiudo con una nota in positivo. Da quando ho utilizzato Medicago polymorpha nel mio terreno, è tornata una specie che a me sta molto a cuore: Podarcis waglerianus. E’ una bellissima lucertola, endemica della Sicilia e strettamente praticola. Probabilmente, restaurando l’habitat a livello del suolo con una ground-cover autoctona, ecologicamente collegata a insetti che se ne nutrono e che apre la strada ad altre piante bisognose di terreni più azotati, ha aumentato la biodiversità e ripristinato un minimo l’ecosistema del mio bio-giardino, ricreando quelle connessioni che ora permettono a questa lucertola di vivere e svolgere la sua funzione ecologica praticamente davanti la porta di casa mia!
Inoltre l’assenza di lavorazioni del suolo ha permesso anche il ritorno delle orchidee selvatiche!!!

Per saperne di più su Oxalis pes-caprae
https://www.actaplantarum.org/flora/flora_info.php?id=5609
http://www.csmon-life.eu/pagina/dettaglio_specie/42
Il vostro caro Totò

Salvatore Bondì
Naturalista, specializzato in Biodiversità ed Evoluzione.
Ornitologo. Permacultore. Bighellone per necessità.
Grazie Totò. Lettura molto interessante e ricca di spunti per chi, neofita come me, ha da recuperare un terreno invaso da acetosella.
Interessante articolo complimenti..non capisco soltanto perché ad oggi si stia diffondendo la cultura di non zappare il terreno .. sarà che è un lavoro faticoso che in pochi vogliono fare e per evitare tale pratica si trovano le scuse più divertenti? È vero che arature profonde possono danneggiare gli apparati radicali delle piante, ma una sana zappata ,praticata da millenni da gente che sicuramente ne sapeva meno di noi in teoria ma infinitamente di più a livello pratico è sempre risultata ottima per arieggiare il terreno , renderlo meno compatto e più ricco di materia organica che i microrganismi aerobi possono degradare e rendere biodisponibili per le piante ,ma anche soltanto per rompere la capillarità del suolo che ne favorisce una più rapida disidratazione .. dalle mie parti i contadini dicevano..una zappata è meglio di una ” aracquata” ( innaffiatura) .
Ciao! Arature e zappettature varie hanno pro (elencati bene da te) e contro. Tra i contro più evidenti, il terreno perde la sua naturale tessitura, non ci sono radici ad ancorarlo e tende a lisciviare molto (se non proprio a franare giù!) ad ogni acquazzone, scendendo sempre più a valle. Questo crea svariati problemi, riassumibili col fatto che tutto questo fango porta via la parte più fertile e leggera, intasa ambienti umidi naturali e artificiali più a valle (specie le dighe!) e si riversa a mare distruggendo tutte le comunità di acque basse per via della torbidità e dell’improvvisa disponibilità di nutrienti (alghe).
Inoltre queste operazioni interrompono la serie vegetativa ecologica, fermandola ai suoli di prateria (grano!) ma abbassando la fertilità per colture arboree e lianose (ulivo, vite) che necessitano invece di suolo d’abbondanza. I nostri avi hanno arato per millenni in maniera parsimoniosa, perché dipendeva dalla forza umana/animale. Poi é arrivata ma meccanizzazione e da là qualcosa c’é sfuggita di mano. C’è molto altro ovviamente, ma parlarne su un commento WordPress é riduttivo 😊
Totalmente d’accordo su quanto tu dici. Io nel mio piccolo lembo di natura, cioè il mio giardino, soli 1.500 mq. da 40 anni non ho mai smosso la terra se non per piantare qualcosa. Esattamente come facevano i contadini di cui parla Alessandro che però non osserva che loro zappavano SOLO dove piantavano. Così le erbe spontanee creano una magnifica copertura con le fioriture stagionali. Aggiungo a quanto detto egregiamente da Totò che zappare il terreno significa pure aumentarne la disidratazione perchè aprendo le zolle si favorisce l’evaporazione del suolo e del sottosuolo. Per non parlare del disturbo creato alla microfauna.
Nel mio giardino ho subito da qualche anno una rapidissima e totale invasione di acetosella, che non osservo nei giardini dei vicini. Il sospetto è nei sacchi di terriccio comprati dal vivaio, che sono quasi sicuro fossero pieni di bulbilli.
Fatto sta che adesso anche tutti i vasi sono sopraffatti da vigorosi ciuffi di acetosella, alti anche 20 cm, che ricoprono e soffocano qualunque altra specie che non sia arborea o almeno arbustiva.
Non potendone più, ho provato a rovesciare i vasi, trovandoli pieni zeppi di bulbilli per tutta la metà inferiore.
Le volevo chiedere: come fare a salvare le piante in vaso? Non credo che in quei casi si possa piantare l’erba medica. E togliere i bulbilli a mano vaso per vaso, ho provato a farlo: basta che ne sfugga qualcuno e l’anno dopo riappare intatta l’acetosella in tutti i vasi
Grazie comunque per il bell’articolo
Purtroppo in ambiente controllato (vasi) ereditaria è quasi impossibile. Tuttavia la maggior parte delle piante erbacee resiste bene al proliferare della acetosella…
Grazie, e sul sospetto che i sacchi di terriccio comprati al vivaio fossero già in partenza contaminati con i bulbilli, lei ritiene che sia possibile, oppure sarà un timore infondato? Ahimè, l’invasione che ho subito è stata totale ed improvvisa, pochi anni…
Bella domanda 🙂
In generale il terriccio in sacchi è sterilizzato e non contiene bulbi o semi. Poi dipende, se era terriccio “home-made”…
Grazie molte,
Che lei sappia, invece che loglio od erba medica, potrei seminare “rucola”?
Almeno è commestibile 🙂 e ci piace molto aggiungerla all’insalata
Tentar non nuoce!