Micro-Food Forest URBANE: un esempio a casa nostra!

urban food forest

Ebbene sì, è giunta l’ora di dirlo apertamente: noi viviamo in CITTA’!
Malgrado lavoriamo in una scuola nel bosco, gestiamo casa Acquagrande, facciamo Permacultura, siamo entrambi naturalisti coi piedi sempre su e gìù per i sentieri, malgrado nostro figlio sappia riconoscere il verso di un merlo da quello di una capinera… noi viviamo in piena Palermo!
E neanche nella periferia extra-urbana, dove la città si fonde con le campagne. No, no. Siamo proprio in piena Palermo, in mezzo agli uffici, al traffico e ai palazzi.

Perchè, nonostante il nostro stile di vita, non ce ne siamo andati?
Semplice, casa nostra è un avamposto. Un luogo di resistenza. Un piccolo paradiso di vita lenta che abbiamo conficcato nel pieno delirio cittadino. Cinque anni fa, quando cercavamo un luogo per vivere e mettere radici, visitammo una casetta strana. Bianca e piccolina, coi vicini che si affacciavano e salutavano cortesi. Una casetta piccola in mezzo ai palazzoni, ma ariosa. Con un giardinetto davanti e….sorpresa! Un bel giardino anche sul retro. Era in condizioni disastrose, con ciarpame ovunque, piante morte, recinzioni sfondate. Ma c’erano due enormi alberi, un nespolo e un arancio in fiore. E uno spicchio di cielo tutto per noi. Ci vedemmo da subito un gran potenziale. Infatti ad oggi è così: il nostro verde salotto all’aperto.

La particolarità più spiccia del nostro “backyard” (letteralmente “giardino sul retro”), è che, con un pizzico di fortuna, abbiamo creato una minuscola Food forest in quei 6 mq di terra scampati al cemento cittadino. Il giardino infatti finisce in un’aiuola, quella del nespolo, stretta e lunga, che fa da divisorio col giardino dei vicini.


Le food forest nascono come metodi di coltivazione a bassissima manodopera e alte prestazioni. Sia in termini di resa (frutta, legname, fibre…) che di miglioramento ambientale (maggiore sostenibilità, resilienza, aumento della fertilità, riduzione degli spazi, sinergie tra piante). Imitano sostanzialmente un ecosistema forestale, in cui ogni pianta ha delle necessità ecologiche che l’uomo riesce sapientemente a soddisfare, posizionando ogni pianta nel luogo esatto.

food forest ground
Pacciamatura a go-go!

E’ incredibile come 6 piccoli metri quadri possano creare tanti servizi ecosistemici (biodiversità in primis!) in piena città. Da dove abbiamo cominciato? Da due cose: lo studio della quantità di luce giornaliera (e della traiettoria del sole) e quella che poi è stata la vera svolta di questa food forest: la pacciamatura!
Benchè i suoli della conca d’oro, la fertile pianura di Palermo, siano ottimi, l’uso della pacciamatura ha davvero fatto la differenza. Come? Ricreando suolo, diminuendo la traspirazione, ospitando migliaia di animali bioperturbatori e anzi fornendo un rifugio alla fauna selvatica cittadina, creando un vero e proprio effetto rifugio! E’ bastato riutilizzare tutto il materiale vegetale che la food forest auto-produce (foglie secche, fioriture, piccole potature, erbacee indesiderate).

food forest fauna
Mentre scattavo le foto per questo articolo… ecco saltare fuori un Geco verrucosoHemidactylus turcicus – che cacciava tra le foglie secche della pacciamatura. Un avvistamento insolito in città, dove è più presente il suo cugino maggiore, il Geco comune.

Nel corso che abbiamo affrontato da poco, dove si è plantumata una Food forest a casa Acquagrande abbiamo seguito le teniche di Ernst Gotsch, permacultore brasiliano che ha trasformato 1200 acri di lande degradate in una agroforesta lussureggiante, ispirando processi di cambiamento simili in tutto il mondo. Il suo sistema si basa soprattutto sul fabbisogno di luce di ogni specie, dividendo quindi ogni “tipologia vegetale” (arboree, arbustive, erbacee,…) in strati (emergente, alto, medio,…). E’, secondo noi, il metodo più intuitivo, ma difficilmente realizzabile se hai un’aiuola di 6 metri.
Ci siamo così lasciati contaminare dal sistema dei 7 livelli di Hart e Jacke, dove si prende in considerazione soprattutto l’altezza delle piante (e ringraziamo incondizionatamente il nostro maestro Giuseppe Sannicandro per tutto quello che ci sta insegnando in merito!). Di seguito, i 7 strati della nostra micro food forest urbana:

1. Alto fusto
Il fulcro di questa micro food forest gira tutto attorno ad un’unico albero ad alto fusto: un Nespolo del Giappone (di cui abbiamo parlato abbondantemente!). Quando siamo arrivati a casa nostra era un misero moncherino capitozzato dai vicini. Ora ha una chioma stupenda e ci fornisce dai 50 ai 100 kg. di frutta annui, oltre a creare incredibili servizi ecosistemici per tutti gli impollinatori dei dintorni e una quantità di biomassa davvero notevole!

virtù nespolo del giappone
Nespole direttamente in giardino…

2. Medio fusto
La pianta che abbiamo scelto come strato medio, l’Erba Luisa – Aloysia citrodora – si è trovata inaspettatamente bene nell’angolo che abbiamo scelto per lei. Date le sue foglie strette pensavamo che avrebbe sofferto la competizione per la luce, invece prospera così bene che siamo costretti ad arginarla, regalandoci una odorosa potatura verde ad ogni primavera. Da questa biomassa ricaviamo un ottimo liquore digestivo, che accompagna le nostre sere estive. E delle foglie odorose che allontanano le zanzare!

food forest strato medio

3. Arbusti
Come strato arbustivo vanno bene tutte le piccole piante denominate “frutti minori”. Abbiamo posizionato due piante di Charissa macrocarpa, o Pruno del Natal. Io adoro i suoi frutti. E i fiori forniscono nutrimento alle falene. A differenza dello strato precedente però, questa pianta non sta andando come speravamo. Malgrado cresca rigogliosa, fa pochissimi fiori e nessuno di essi riesce a portare avanti il frutto. Inoltre, le sue spine non facilitano la frequentazione dello strato basso e nostro figlio ne sa qualcosa. Quindi stiamo pensando seriamente di sostituirla. Siamo aperti a consigli e candidature!

pruno del natal


4. Erbacee perenni
Una pianta che è arrivata un po per caso, è la Valeriana rossa – Centrathus ruber -. Ne avevo trovato un pezzettino sradicato in un cantiere edile e, portata a casa, ha interamente occupato un angolo, trovandosi a suo agio negli angoli asciutti a contatto coi muri e fiorendo a profusione, nonchè auto-seminandosi praticamente ovunque. La sua fioritura è la prima subito dopo l’inverno, nella nostra food forest, ed è davvero presa d’assalto dagli imenotteri cittadini. Inoltre le sue foglie tenere sono molto apprezzate dalle nostre chiocce, che ospitiamo in giardino. La sua radice a fittone inoltre migliora la tessitura del terreno.

valeriana rossa

5. Bulbose, rizomatose e tuberose
A colmare questo livello ci sono dei bellissimi Amaryllis, uno dei più grossi bulbi ad essere commercializzati, ottimo per le zone ombrose perchè i fiori si accrescono ancora più grandi. Si sta rapidamente appropriando di un angolo di food forest, donando nettare per tutta la piena stagione estiva.
Adesso le affiancheremo Zephyrantes candida, candidata a fornire nettare e polline in periodo inizio autunnale.

6. Rampicanti e Lianose
E qui entra in gioco madame Uva-fragola – Vitis labrusca – che in maniera indomita e selvaggia ha, in meno di due anni, occupato tutta la paratia che gli avevamo preparato, estendendosi ai rami basali del nespolo e alle tettoie adiacenti dei vicini, che ne sono più che contenti!
Ci ripara da rumori e occhi indiscreti, diminuisce la radiazione solare sull’aiuola e parte del giardino, oltre a creare fantastici riflessi di ombre verdastre quando la luce è bassa. Magnifico, mangerete un sacco di uva, ci dicono tutti. Ehm…sì, ma non ripartita in maniera equa…!

7. Tappezzanti
A differenza delle vere food forest, dove è davvero difficile tappezzare tutta l’area con piante che creino vere e proprie pacciamature viventi, qui l’impresa sarebbe stata davvero uno scherzo. Abbiamo deciso però di non farlo. L’unica parte che ospita una tappezzante è infatti la parte più esposta a sud, dove i piedi del nespolo ospitano un tappeto di rosmarino di una cultivar cascante (che, essendo al suolo, cresce strisciante), che usiamo abbondantemente in cucina. Tutto il resto….

aiuola urbana

…è abbondantemente usato dalle galline che gravitano a casa nostra (soprattutto le chocce che gestiamo anche nel giardino di casa) e da nostro figlio, che ama scavarci, camminarci scalzo, scoprire gli abitanti del sottosuolo, riempire contenitori, o razzolare assieme ai pulcini, soprattutto in quelle occasioni di festa in cui lo abbiamo appena pulito, lavato, pettinato e vestito per l’occasione. Vabbè, è giusto che ci sia una componente di divertimento nelle micro food forest urbane, no?
In effetti quale bimbo cittadino può dire di vivere esperienze simili?

La pacciamatura piace proprio a tutti. Chiocce, pulcini….e bambini!

Con questo articolo intendiamo un po lanciare un appello. Ci sono tanti potenziali angoli in città, che non aspettano altro che essere il più piantumati possibile! Aiuole pubbliche o private, giardini in stato di abbandono perchè considerati troppo impegnativi, piccoli incolti.
Se creassimo tante piccole food forest, queste sarebbero una rete vitale per migliaia di creature che vivono a stento in città e che ne gioverebbero enormemente. Umani compresi.
Noi mettiamo la nostra esperienza e i consigli su che piante mettere.
Contattateci! Rinverdiamo le nostre città!!!

Il vostro caro Totò

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