Vi avviso. State per leggere un vero e proprio elogio al passero (e alla sua dieta!). Quindi se vi piacciono questi uccelli chiassosi, comuni e intraprendenti, sono sicuro che leggerete questo articolo con piacere. Se invece li detestate per i danni che compiono all’agricoltura… leggete con ancora più attenzione! Siamo davvero così sicuri che i passeri siano un flagello per l’agricoltura?
Abbiamo già parlato più volte di passeri su Saturi di natura, affrontando la loro complessa genetica e la loro capacità di bioindicatori di sostanze nocive. Animali dalla incredibile capacità di adattamento, i passeri sono l’esempio perfetto di specie sinantropica (che riesce cioè a vivere e riprodursi a stretto contatto con l’uomo, sfruttandone il suo surplus alimentare), anche se spesso vengono additati in maniera negativa, per via della loro dieta principalmente granivora, soprattutto a discapito delle coltivazioni umane. Gli agricoltori infatti non amano questa specie, che spesso spiluzzica tutto l’anno nelle coltivazioni cerealicole o rubacchia granaglie nei pollai.

Quando ho cominciato a lavorare con la Permacultura, uno dei principi che più mi è piaciuto è: Il problema è la soluzione!
Questo modo di vedere le cose, di ricalibrare il nostro approccio ai problemi, è indubbiamente vincente e applicabile a qualunque cosa, poiché tutto può essere una risorsa positiva. Dipende solo da noi capire come utilizzarla in maniera da trarne un vantaggio. Insomma, è solo come vediamo le cose, che le rende vantaggiose o meno. La caratteristica polifagia dei passeri e la loro spiccata predilizione per i semi può essere un problema, ma gestita in maniera corretta, una colonia di passeri può essere un elemento del nostro progetto e apportare benefici. Come?
I passeri cominciano a riprodursi già dal secondo anno di vita e riescono a portare a termine anche 3 covate annue, per una media di 12 piccoli a coppia. La crescita di questi piccoli è veramente esplosiva, riuscendosi ad involare dal nido dopo appena 13-15 giorni, già perfettamente impiumati e abili al volo. In questa finestra temporale però, hanno bisogno di un’alimentazione fortemente proteica. Nonostante quindi i passeri adulti siano quasi esclusivamente granivori, si trasformano in uccelli prevalentemente insettivori durante il periodo delle cove, che in questa specie prende tutta la primavera e parte dell’estate.

Si è attestato in questo studio che la richiesta di cibo proteico (e quindi di insetti) è massima nei primi giorni di vita, mentre alimenti vegetali vengono introdotti gradualmente, con percentuali minime all’inizio. Per completare un intero piumaggio serve una quantità di proteine davvero elevata e gli insetti sono il cibo più sfruttabile, in questo senso. I passeri inoltre agiscono selettivamente sulle prede disponibili. Da un famoso studio sulla “House Sparrow” (letteralmente la casa dei passeri, una celebre colonia riproduttiva ubicata ad Oxford) si è visto come l’alimento più utilizzato nel mese di maggio siano i ditteri in fase adulta (mosche, zanzare, ecc…), per poi spostarsi sui bruchi nei primi di Giugno e concentrarsi sugli afidi a Luglio. Insomma, fanno piazza pulita di un sacco di insetti nocivi all’agricoltura, proprio nel periodo di massima esplosione e abbondanza di frutti!

In particolare gli afidi rappresentano una fonte trofica (nutritiva) per le popolazioni urbane di passeri. In città infatti, gli afidi rappresentano la fonte proteica più facilmente reperibile. L’azione di rimozione di questi parassiti da parte dei passeri può rappresentare un valido aiuto per chiunque si occupi di giardinaggio in ambiente cittadino. >
Visti così i passeri non rappresentano più un problema, ma una potenziale risorsa!
Creando siti di nidificazione idonei, è relativamente facile attirare i passeri. Sono uccelli di poche esigenze e spesso si accontentano dello spazio creato da coppi e tegole lungo i bordi dei tetti, che risulta essere il sito di nidificazione più comune nelle zone rurali.

Altrimenti si può installare una colonia artificiale, utilizzando cassette nido con idonea dimensione del foro d’ingresso (28 mm per la passera mattugia, 32-34 mm per la passera europea o la passera sarda). Ospitando i passeri nel periodo riproduttivo, possiamo “usarli” come insetticidi naturali. La loro azione infatti ridurrà notevolmente la presenza di insetti nocivi nelle colture, oltre a svolgere un’ulteriore azione di contenimento delle erbe infestanti alimentandosi dei semi, soprattutto su alcune specie in particolare (Avena, Chenopodium, Amarantus, Stellaria, ecc…).
Possiamo così trarre vantaggio dalla presenza di passeri in determinate situazioni:
- frutteti e arboreti con frutti non appetibili
- orti con specie non da seme
- seminativi a leguminose, foraggere fortemente auto riseminanti
E’ meglio invece non incentivare la presenza dei passeri in queste situazioni:
- seminativi a graminacee
- frutteti con frutta a buccia morbida
- pollai

In quest’ultimo caso infatti i passeri rappresentano un importante veicolo di mallofagi e pidocchi pollini, difficili da debellare se attaccano il pollame. Basta tuttavia rendere la zona di alimentazione dei polli non accessibile ai passeri (mangiatoie antispreco, mangiatoie interne recintate), il che rappresenta inoltre un vantaggio per noi in qualità di riduzione dei costi di mangime e sprechi inutili. Non c’è nessun problema invece durante la frequentazione delle aree di pascolo.
Aiutare i passeri è inoltre un (quasi) obbligo morale, dato che in molte zone europee, specie quelle fortemente agricole ed industrializzate, questa specie è in forte declino (vedi qui e qui). Anche una specie selvatica potenzialmente dannosa, come il passero, con questo metodo può diventare una risorsa potenziale: un elemento che apporta benefici agli altri elementi del sistema (diminuzione dei parassiti, diminuzione delle infestanti, protezione di una specie selvatica in un’ottica di biodiversità).
Il vostro caro Totò

Salvatore Bondì
Naturalista, specializzato in Biodiversità ed Evoluzione.
Ornitologo. Permacultore. Bighellone per necessità.
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