Maggio, nel mio eco-giardino è il mese delle grass-island.
Le erbe di campo sono alte al punto giusto, l’antesi fiorale è passata, cominciano a far capolino i primi semi. E’ il momento di falciarle, lasciandole al suolo per tutta la stagione a venire. Questo straterello di erbe svolge un ruolo formidabile nel proteggere il suolo dal sole infuocato dell’estate e dalle piogge invernali. E’ importantissimo però, lasciare qualche striscia di vegetazione, vere e proprie isole verdi dalle curve gentili, dove gli insetti possano rifugiarsi e dove i semi arrivino a maturazione (altrimenti i granivori che mangiano?!!?)

Ma mi sono fermato a metà, a bocca aperta.
Ai margini del prato era nato qualcosa di bello. Qualcosa di veramente bello. Ho lasciato il decespugliatore e mi sono chinato, ad ammirarla, in uno di quei flussi di stato che nascono quando ti senti ispirato. L’ho guardata da tutti i lati, perchè era uno dei regali più belli che il suolo che curo da anni mi avesse mai fatto. Una piccola Ophrys bertolonii era nata nel mio giardino. Alta pochi centimetri, seminascosta tra le calle. Un’orchidea selvatica abbastanza comune, ma il fatto che questa fosse nata in un terreno coltivato aveva davvero dell’incredibile.
Questa specie, chiamata simpaticamente “Uccellino allo specchio” per via della curiosa forma del gineceo, che sembra specchiarsi nella parte trasparente del labello, è impollinata dal genere Megachile di cui fanno parte parecchie api solitarie.

Perchè è così incredibile che questa orchidea sia nata nel mio giardino?
In pochi sanno è che la maggior parte delle orchidee hanno semi millimetrici e senza nutrienti. Le germinazione dipende per intero dalla simbiosi con funghi del genere Rhyzoctonia, dei microfunghi terricoli (micorrize) che allungano le ife verso il seme e vi penetra dentro. Il fungo abbraccia così l’embrione interno, mettendo a disposizione gli zuccheri e le energie per la prima radichetta. L’embrione delle orchidee è quindi totalmente dipendente dal fungo.
Questa dipendenza micorrizica può durare anche diversi anni, cioè fino a quando la pianta non comincia a produrre foglie con clorifilla e un tubero con riserve sufficienti per poter vivere in autonomia. In genere le Oprhys ci mettono almeno tre anni dalla germinazione alla produzione delle prime foglie. Più altri 3-4 anni per fiorire la prima volta. Un tempo lunghissimo per una pianta alta un paio di decine di cm.

In questi 6-7 anni precedenti alla fioritura, qualsiasi lavorazione del terreno (vangatura, sarchiatura, zappatura, ecc..) va a rompere le ife del micelio di Rhyzoctonia o i giovani micorizzomi assistiti dal fungo, oppure i tuberi delle piante mature.
Quello che succede si può ben immaginare…l’orchidea muore ancora prima di fiorire.
Per questo quindi è essenziale ridurre le lavorazioni del suolo al minimo essenziale. Il suolo è infatti un vero e proprio superorganismo vivente, in grado di ospitare un’ampia varietà di organismi strettamente interconnessi tra di loro. Rompere il suolo in zolle ed esporlo all’aria significa rompere queste connessioni ed esporle ad aria e luce, letali per loro…

Oltre al fatto che ridurre le lavorazioni del suolo significa anche ridurre l’erosione dello stesso!
Prendersi cura del suolo è alla base di tutto. Quando il suolo ti ripaga: orchidee selvatiche in giardino!
Per saperne di più su Ophrys bertolonii
Flora d’Italia
G.I.R.O.S.
Per saperne di più sul suolo (no-dig gardening)
Il vostro caro Totò

Salvatore Bondì
Naturalista, specializzato in Biodiversità ed Evoluzione.
Ornitologo. Permacultore. Bighellone per necessità.
Che meraviglia.
Bell’articolo 🙂