Febbraio è davvero un mese tosto.
Nell’almanacco delle mie sensazioni è da sempre il mese correlato ai ricordi, al passato, insomma alla nostalgia. Finiti i giorni della merla, sembra ormai che l’inverno stia per finire. Ma basta mettere il naso fuori per capire che manca ancora tanto a primavera!
Ho sempre dato la colpa al fotoperiodo positivo (le giornate che si allungano): a partire da metà gennaio, basta un dente di leone fiorito in anticipo sul marciapiede, o i primi canti dello scricciolo, per buttarmi in un dolcissimo turbinio di ricordi delle primavere passate. Come…
(7 aprile 2013)…quella volta che trovai un paradiso a due passi da casa. Aprile era arrivato e nuove fioriture si prospettavano proprio sui monti di fronte. La primavera è dispettosa, si sa. Ti attira fuori con l’inganno, con laute promesse di passeggiate piacevoli. Poi d’improvviso arrivano folate di vento fortissime e la prima nuvola di passaggio ti fa rabbrividire dentro. Ti maledici. Magari potevi aspettare ancora qualche giorno…
….ma l’aria, così tiepida di ronzii e di canti d’uccello, ti strega. Su ogni pianta, stelo, sasso, la vita pulsa, così carica e sensuale che mandi a quel paese tutti gli impegni e ti avventuri sempre di più col tuo cane in giro per i prati in fiore.
Quando credi di aver visto tutto, tra i “monti dietro casa”, la Natura sa stupirti ancora. C’era un mondo di cascatelle, un tripudio di verdi e azzurri che mi aspettava da tempo al vallone Manca del Lauro, e ce l’avevo proprio ad un tiro di sasso!

(21 Maggio 2016)…. quei tanti, tantissimi giorni passati in cima ad una parete, a fare da supporto logistico al mio amico Enrico, mentre era giù, intento nelle calate ai nidi dei falchi. Io rimanevo là, accoccolato in cima alle pareti strapiombanti, spesso con la sola compagnia del vento e di paesaggi sconfinati. Quando Enrico risaliva, a missione compiuta, un sorriso silenzioso e una pacca sulle spalle erano gratificazioni così dolci, per quelle schiene tanto stremate, da darti una carica emotiva che non ho ancora ritrovato in nessun’altra attività.

(30 Aprile 2010)…quel primo contratto da ornitologo, nell’interland del Trapanese. Quando, con l’arrivo della primavera, quella landa brunastra e piena di sterpi si trasformò in poche settimane in un tripudio di fiori e farfalle! Un inno alla vita. Com’era bello censire uccelli nel tiepido ronzio degli insetti che bottinavano in quel mare fiorito. Il lavoro più bello del mondo.

(30 marzo 2017)…quella volta che trovai Ophrys oxyrrhyncos nel luogo più impensabile del mondo. L’avevo cercata praticamente ovunque, non trovandola mai. Più di una volta ero andato apposta in alcune stazioni, ma niente. Quel giorno mi recavo per caso in un uliveto abbandonato adiacente a casa mia. Avevo bisogno di un attimo di respiro. Ogni anno il tempo da dedicare a me stesso era sempre meno. Lì era iniziata la mia passione orchidologica ed era per me un luogo magico, ma ormai non ci passavo più spesso, dato che trovavo ogni anno le stesse specie, probabilmente fotografando sempre gli stessi esemplari.
Incredibilmente….era lì! In dieci anni non l’avevo mai beccata e ora se ne stava tutta impettita di fronte a me, coi fiori perfetti di quel color gianduia così particolare. Ricordo la gioia scorrere liquida sotto la pelle, con le dita a mezz’aria e la bocca aperta per lo stupore. Era bellissima!

(7 e 8 maggio 2017)…quella folle vita del naturalista a primavera. Il primo giorno su un sito di Falco Pellegrino alle isole Eolie. Praticamente in cima ad uno scoglio in mezzo al Mediterraneo. 35 gradi, macchia mediterranea esplosa in un tripudio di fioriture, nuvole di pecchiaioli in un mare davvero infinito. La pelle al vento e al sole dopo mesi e mesi di clausura.
Il giorno dopo su un sito di Falco Lanario in pieno centro Sicilia, a 1100 m slm. Un vento gelido a strapparti la faccia, le mani violacee per il freddo, pioggerellina fitta e il Lanario che ci fregò tutti (come sempre). E come disse un mio amico “Tipica tenera espressione da brigante calabrese. Peraltro affine a quella del naturalista-ornitologo”.

(20 Luglio 2014)…quell’anno che mia moglie fece un tirocinio in uno dei posti più belli che abbia mai visto: Il Parco di Gallipoli Cognato – Basilicata. Un bosco appenninico contiguo e apparentemente sconfinato, interrotto solo dal serpeggiare del fiume Basento. Ettari ed ettari di cerrete maestose. Ho sempre sentito negli alberi una forte carica d’energia. Esseri viventi immobili e testimoni silenziosi del tempo che passa. Vi parlano della loro storia nelle nodosità dei rami, nei ricami della corteccia. Mi persi quasi ogni pomeriggio nei meandri della foresta lucana. Appoggiavo la schiena nuda nei pomeriggi di afa estiva, sul tronco di quei giganti, per poter assorbire la loro essenza, il loro saggio mutismo da spettatore silenzioso. Là, dove gli alberi hanno dimensioni mastodontiche, tutto queste sensazioni sembravano essere amplificate.

E’ davvero un sentimento negativo, la nostalgia?
Io penso di no. La vedo più come un’opportunità di rivivere momenti, luoghi, compagnie e sopratutto emozioni e sensazioni. Senza però il desiderio di riviverle. E’ come sfogliare, nella propria mente, un album di esperienze, che però non rimpiangiamo. Esperienze vissute in maniera completa. Che hanno dato gioie, che ci hanno messo a dura prova e che ci hanno fatto crescere. Che hanno rinsaldato i legami con le persone che amiamo, che ci hanno formato o semplicemente che ci hanno strappato un sorriso. Un sospiro soddisfatto. Una briciola di gioia.
E’ per questo in realtà che non c’è un mese che detesto, tra tutti e 12.
Ognuno ha il suo bagaglio. Febbraio mi permette di ricaricarmi di attese.
Il vostro caro Totò

Salvatore Bondì
Naturalista, specializzato in Biodiversità ed Evoluzione.
Ornitologo. Permacultore. Bighellone per necessità.